Chi (ir)rompe paga?

La chiusura di una libreria a Milano e le scelte del Governo di Roma: responsabilità e conseguenze.

Andrea Giua
16 Ottobre 2020

La chiusura di una libreria a Milano e le scelte del Governo di Roma: responsabilità e conseguenze.

[Questo articolo prova a dare seguito a domande e riflessioni tornate alla ribalta in questa settimana e introdotte una settimana fa da un primo articolo a quattro mani sul tema, per parlare di nuovi modelli organizzativi e del ripensamento del ruolo dei Comuni come soggetti sperimentatori di politiche sui beni comuni]

Qualche giorno fa scrivevo, insieme ad alessandro pirani, riguardo i rilevanti problemi di coordinamento tra livelli territoriali della Repubblica che la crisi ha messo in piena evidenza, partendo dalla domanda del ‘cos’è locale?’. Oggi provo, scegliendo un caso a mio parere paradigmatico, a mettere in luce qualche possibile conseguenza pratica e qualche riflessione di ambito politico-politologico.

Il 10 aprile il Presidente del Consiglio dei Ministri, con un DPCM, stabilisce a far data dal 14 aprile 2020 la riapertura delle attività che esercitano il commercio di carta, cartone e articoli di cartoleria, commercio al dettaglio di libri e di vestiti per bambini e neonati. Trattandosi di una disposizione di livello nazionale sarebbe stato lecito aspettarsi che queste decisioni divenissero operative senza differenze su tutto il territorio nazionale.

Nei giorni successivi, però, le Regioni si attivano con strumenti propri, con forme di deroga motivate spesso sul piano prettamente politico e con conseguenze a catena sulle finanze dello Stato:

– la Regione Lombardia l’11 aprile decide di limitare il “commercio di articoli di carta, cartone, articoli di cartoleria e forniture per ufficio” ai soli supermercati e ipermercati, provocando così una proroga del divieto di apertura per le attività commerciali ‘liberate’ dal DPCM 10 aprile;

– la Regione Emilia-Romagna l’11 aprile decide che, “per i territori delle provincie di Rimini e Piacenza e nel Capoluogo del Comune di Medicina e nella frazione di Ganzanigo” le vigenti misure restrittive “sono prorogate al 3 maggio ivi compresa la sospensione delle attività di commercio al dettaglio di carta, cartone e articoli di cartoleria, di libri, di vestiti per bambini e neonati”, ma, va detto, queste specifiche restrizioni su porzioni del territorio sono esplicitamente ammesse in deroga dallo stesso DPCM;

– la Regione Campania il 12 aprile decide che “con riferimento alle attività di commercio di carta, cartone e articoli di cartoleria e commercio al dettaglio di libri, tenuto conto che alle esigenze di approvvigionamento dei beni in questione si può sopperire mediante l’apertura — già consentita- delle edicole, tabaccai, supermercati ed altri negozi, e con la grande distribuzione via internet e multimediale, abilitata alla vendita di tali prodotti, occorre, allo stato, differire la riapertura fino al 3 maggio 2020”;

– la Regione Veneto il 13 aprile decide che “la vendita al dettaglio di vestiti per bambini e neonati nonché l’attività di librerie e cartolerie è ammessa in negozi esclusivamente dedicati, sulla base di titolo anteriore al 21.2.2020, alla vendita di tali prodotti ed è consentita in due giorni alla settimana, esclusi comunque i festivi e prefestivi”, limitando così gli effetti del DPCM 10 aprile;

– la Regione Lazio il 13 aprile decide “di differire al 20 aprile 2020 la riapertura delle attività di vendita di libri al dettaglio allo scopo di consentire l’organizzazione da parte degli esercenti di ogni misura atta ad assicurare il distanziamento minimo tra le persone nell’accesso, nel deflusso e durante la presenza nei locali commerciali”, con una proroga parziale dei divieti di apertura venuti meno con il DPCM 10 aprile;

– la Regione Sardegna il 13 aprile decide che “sono confermate in Sardegna, almeno fino al 26 aprile 2020, salvo nuova proroga esplicita, le misure maggiormente restrittive di ulteriore chiusura delle attività di commercio di carta, cartone e articoli di cartoleria; di commercio al dettaglio di libri e di commercio al dettaglio di vestiti per bambini e neonati”, dietro indicazione di un autonomo Comitato Tecnico Scientifico.

Astraendosi da una valutazione di merito sulle decisioni, emerge già da subito una forte eterogeneità nelle nuove scadenze ai divieti imposte da alcune Regioni e nelle forme di chiusura e/o riapertura previste, a confermare l’eterogeneità (e la confusione?) dei provvedimenti adottati in tutto il Paese.

Riprendendo, però, la questione teorica introdotta all’inizio dell’articolo, si pongono alcune domande riguardo la legittimità e la coerenza interna all’ordinamento nazionale che necessitano di trovare risposta in questo e in altri casi:

– le attività commerciali (e i loro dipendenti) che non riapriranno in seguito ai divieti imposti autonomamente dalle Regioni hanno diritto ad accedere alle misure di tutela economica disposte dallo Stato per le attività che rimangono chiuse fino al 3 maggio a motivo delle disposizioni attualmente vigenti su tutto il territorio nazionale?

– se la domanda precedente trovasse una risposta positiva, come si potrebbe definire rispettato l’articolo 95 della Costituzione per cui “Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile”, se le politiche economiche del Governo sono aggravate da decisioni prese da Organi differenti da quelli nazionali, su cui questi non hanno possibilità di incidere?

– se si dovesse rilevare una lesione della responsabilità politica del Presidente del Consiglio dei Ministri, lo Stato potrebbe rivalersi sulle Regioni per i maggiori oneri che derivano per far fronte alla chiusura di queste attività economiche?

Dietro queste domande apparentemente molto tecniche si cela il più ampio e pressante tema dell’accountability di chi viene eletto democraticamente, in via diretta o indiretta, per amministrare un territorio o una porzione di esso: se, infatti, è lecito ritenere che l’amministrazione delle risorse economiche, in virtù del principio “no taxation without representation”, sia la più alta responsabilità nei confronti dei propri elettori in capo a chi riveste una carica pubblica, è democratico dover amministrare le finanze dell’Ente che si governa senza avere il pieno controllo delle entrate e delle uscite?

A queste domande, al di là di una risposta politologica e/o giuridica, urge trovare una risposta organizzativa, o per meglio dire ordinamentale. È possibile pensare un sistema dove Organi rappresentativi di istanze territoriali differenti condividano in maniera palese e limpida responsabilità e decisioni? Credo di sì.

Per farlo è necessario scrollarsi di dosso il mito di una Costituzione perfetta (perlomeno per la Parte Seconda), così come risulta necessario indagare fuori dai modelli ordinamentali attualmente conosciuti. Insomma, non un recupero o un découpage di vecchi modelli, ma la sperimentazione di modelli radicalmente nuovi, capaci di rispondere a problemi di coordinamento e di governo ormai non nuovissimi: una nuova ‘sovranità dinamica’, che dal ricongiungimento di molteplici circuiti democratici sia capace di generare scelte unitarie e condivise.

Andiamo!

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